Bene, come avrete notato ho saltato il mio turno di Lunedì, non è stata una cosa volontaria, Lory potrà testimoniare per me che abbiamo avuto un paio di giorni un po’ problematici..
Detto ciò, non so bene che scrivere, il che mi infastidisce non poco considerando che l’altra notte, mentre camminavo avanti e indietro per la stanza per cercare di farmi passare la nausea, mi saranno venute in mente almeno mille idee per un post..
Ah, a proposito, visto che quando sto male la notte, tendo a prendere un paio di libri dalla libreria e a rileggermi le mie parti preferite, l’altra sera appunto, oltre a leggere un libro di Travaglio che vi risparmierò per differenze di pensiero (ma che forse vi riproporrò in futuro a sorpresa), ho riletto un libricino di Umberto Eco, regalatomi da mio padre, che si intitola “Sator arepo eccetera”.
Questo piccolo libro che può essere portato tranquillamente in tasca, e letto in meno di mezz’ora, include una serie di giochi fatti con l’italiano, che sono il risultato di uno scambio di lettere tra l’autore e dei suoi amici (mica come noi che ci scambiamo solo l’ultima trashata di Britney Spears).
Il libro inizia con una riscrittura con significato e parole opposto di pezzi tratti dai canti I, V e XXXIII dell’Inferno Dantesco, ovvero Dante nella selva, Paolo e Francesca e il racconto del Conte Ugolino.
Per farvi un esempio:
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.
diventa
Al margin del ristar di vostra morte
mi persi in un deserto illuminato,
ritrovando le piazze piú distorte.
Come potete vedere non solo ogni parola è il contrario dell’originale, ma tutti i versi rimano! Sono ancora l’unica eccitata? Ok.
La seconda cosa che mi piace un sacco del libro sono dei consigli di buona scrittura che vengono dati infrangendo i consigli stessi:
1. Allontanati dalle allitterazioni, anche se allettano gli allocchi.
2. Non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario.
3. Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata.
4. Esprimiti siccome ti nutri.
5. Non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc.
6. Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso.
7. Stai attento a non fare... indigestione di puntini di sospensione.
8. Usa meno virgolette possibili: non è "fine".
9. Non generalizzare mai.
10. Usare le parole straniere non è bon ton e potrebbe portare a misunderstandings.
11. Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson: "Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu".
12. I paragoni sono come le frasi fatte.
I consigli sono 38, quindi mi fermo qui, anche se uno in particolare lo scrivo perché farebbe piacere a Diletta:
33. Non andare troppo sovente a capo.
Almeno,
non quando non serve.
La terza cosa interessante, che è presente nel titolo stesso, è il gioco che può essere riassunto in questo quadrato di parole:
Da Wikipedia:
“Il quadrato del Sator è una ricorrente iscrizione latina, in forma di quadrato magico, composta dalle cinque seguenti parole: SATOR, AREPO, TENET, OPERA, ROTAS. La loro giustapposizione, nell'ordine indicato, dà luogo a un palindromo, vale a dire una frase che rimane identica se letta da sinistra a destra o viceversa.
L'iscrizione è stata oggetto di frequenti ritrovamenti archeologici, sia in epigrafi lapidee che in graffiti, ma il senso e il significato simbolico, rimangono ancora oscuri, nonostante le numerose ipotesi formulate.”
Nel libro Umberto Eco si limita a scrivere i cosiddetti “Acrostici” che sono degli endecasillabi che parlano di questo enigma e nello stesso tempo formano le parole del quadrato quando si leggono in ordine le prime e le ultime lettere di ogni verso.
Insomma quest’ultimo è un argomento molto interessante, e se fate una piccola ricerca nel web, troverete più roba di quanta ne potrei scrivere io qui, con le varie interpretazioni (anche cristiane).
Non proseguo perché sento che sono veramente l’unica a cui interessa tutto ciò e mi sto imbarazzando a rileggere questo post, ma ormai è fatto.
In fondo “Nerd” per quanto sia un termine generalmente usato in modo derogatorio e generalmente rivolto a gente a cui piace l’informatica, è definito esattamente (o sempre secondo Wikipedia):
“un termine della lingua inglese con cui viene chiamato chi ha una certa predisposizione per la ricerca intellettuale, ed è al contempo tendenzialmente solitario e con una più o meno ridotta predisposizione per la socializzazione. Lo stereotipo vede queste persone affascinate dalla conoscenza, specialmente quella riguardante la scienza e la matematica.”
Quindi anche se voi penserete
I will keep being awesome (Regola 10: Usare le parole straniere non è bon ton.)